Inopportunità di concepire (e sviluppare) innovazione

Autore

Sofia Pederzolli
Sofia studia e lavora nell'ambito del marketing e della comunicazione, prima turistica e poi di prodotto, poi di nuovo turistica Ama il networking e stare con le persone per creare occasioni "di comunità" e di crescita continua. Svolge attività di volontariato nel settore della cooperazione e della promozione turistica e territoriale grazie alla carica di Vicepresidente dei Giovani Cooperatori Trentini e di consigliera nel direttivo della Pro Loco di Nave San Rocco. Vicina al mondo del non profit, è anche componente del gruppo che è stata rappresentante dei giovani della Conferenza dei Giovani sul Clima del Trentino Alto Adige a Milano, in occasione della PreCop di ottobre 2021.

Siamo uomini e per tanto soggetti diversi, ma alcune visioni dovrebbero essere condivise.

Non può una progettualità essere bilanciata dal parere o idea di un singolo e sulla base di questo singolo essere o meno portata avanti.

Una grande domanda che quindi ci possiamo fare è: quanto crede la cooperazione nell’innovazione? E ancora: se cooperare è un metodo che contraddistingue la cooperazione, esiste un potenziale di “originalità cooperativa” nel portare avanti processi di innovazione?

Vi raccontiamo la storia di un piccolo territorio che ci aiuterà a capire il rapporto tra innovazione e cooperazione.

Nelle Giudicarie, come in molte parti dei territori montani, la percezione condivisa è quella che esista un potenziale inespresso a livello economico, sociale, ambientale. Mentre le comunità vicine cercavano di scoprirsi minatori, agricoltori, industriali, la gente che viveva la comunità, e che quindi non si identificava in una mono attività, creava e crea situazioni di coesione sociale. Le frazioni esistenti in questa valle sono cinquantadue, nelle quali esistono un elevato numero di associazioni. In questo contesto nascono due esperienze particolarmente significative: Benvenuti nella nostra Valle e Comano Mountain Runners.

Benvenuti nella nostra Valle è un progetto nato da un gruppo di giovani che passavano il dopo cena negli hotel a chiacchierare con i turisti termali di geologia, sport, natura, tradizioni. La formula innovativa importante era che i giovani non fossero preparati “ad hoc” per raccontare, ma che fossero curiosi, predisposti al rapporto con gli altri e soprattutto che conoscessero il territorio perché amavano ciò che raccontavano. Il fattore che muoveva questa curiosità era l’amore per il loro territorio. Dal momento in cui gli albergatori hanno iniziato a remunerarli si sono accorti che poteva essere anche un’opportunità imprenditoriale. Dare occupazione a giovani della Valle, facendo fronte al grande tema dello spopolamento, è stato un valore aggiunto non solo per le persone che abitavano quei luoghi ma anche per i turisti che, pur frequentando queste zone da anni, non conoscevano le persone che ci abitavano e che cercavano un rapporto più vero, più diretto, non solo una narrazione delle caratteristiche territoriali.

Comano Mountain Runners è la seconda esperienza progettuale che merita la nostra attenzione. “Nature don’t belong to people: people belong to nature” è il motto di questa associazione nata nel 2016 dall’entusiasmo di alcuni giovani di Comano Terme, nelle Valli Giudicarie, con la passione condivisa per il territorio e la corsa in montagna.

L’idea era quella di realizzare un tracciato che valesse sia come trail running ma anche come pacchetto turistico-esperienziale da fare in sette giorni con l’alternanza di un pernottamento in valle e uno in quota. Per la realizzazione di questa progettualità gli ostacoli incontrati sono stati due: il fatto che l’associazione fosse costituita da volontari che quindi per promuovere l’associazione partecipavano a gare, senza riuscire a procedere con il progetto inziale e il fatto che i pernottamenti in quota non esistono, perché le baite di proprietà collettiva erano e sono inutilizzabili. È stata in questa occasione che è nata la prima domanda alla base del progetto della cooperativa e che si chiedeva se si può fare ospitalità autentica nelle baite di proprietà collettiva e ci si è chiesti poi se è giusto fare impresa su un bene collettivo.

È a questo punto che nasce la cooperativa Fuoco e che porta i proprietari del bene collettivo a darlo in uso ad un’impresa che è di loro proprietà e della quale gestiscono i profitti per la collettività. Si è resa necessaria inoltre la creazione di posti di lavoro sul territorio e la copertura di quel potenziale inespresso. Per questo il primo passo era la creazione di un’indagine sui beni collettivi della zona. Di norma, in montagna si può associare il perchè le cose vanno in certo modo con il discorso della proprietà fondiaria. Per esempio il maso chiuso tipico del Südtirol era dovuto all’autosussistenza per una famiglia, mentre ad oggi, si è voluto stravolgere il sistema e il concetto di proprietà del passato per sovrapporre alla proprietà stessa una forma d’impresa. Qui è evidente un primo concetto di inopportuno adeguamento al cambiamento e non-sviluppo dell’innovazione da parte della nostra regione.

In Trentino infatti il modello dell’autosostentamento viene ancora basato sul trio LEGNA – FIENO – PASCOLO, calcolato per l’autosussistenza.

A questo punto si è deciso di creare una cooperativa di comunità, nel febbraio del 2018, quando i nove soci fondatori, provenienti ognuno dalle proprie esperienze, decidono di partecipare al bando biosfera per il censimento delle malghe e baite in modo da attuare un’indagine sullo stato attuale del patrimonio edificabile.

Per la cooperativa è emersa un’altra opportunità legata alla possibilità di prendere in gestione il Maso Limarò, un maso chiuso dal 2013 di proprietà della curia. Due dei nove soci comunicano la loro decisione nel gestire questo maso e sull’onda della cooperazione vera, ossia del mutuo supporto tutti i membri della cooperativa decidono di aiutare per l’impresa del restyling e dell’apertura con l’obiettivo poi di formare persone che siano però in futuro il più possibile autonome. Ma siccome la vita riserva sempre sorprese, succede che queste persone cambiano idea. La situazione non era semplice (oltre che a livello di risorse) a livello economico, ma dopo “la giornada” i volontari e amici della cooperativa decidono di recarsi al maso per tutta una stagione. Il problema grosso è che i volontari non potevano fare un lavoro vero e proprio sulla gestione del maso come di fatto stava accadendo, per lo meno non a titolo volontario. Tutti sono stati assunti innalzando così i costi burocratici (anche se avrebbero volentieri lavorato gratuitamente per la valle e la comunità).

Nel frattempo il finanziamento da parte della Biosfera era ancora atteso.

Poi un “mezzo miracolo” tramite la dimostrazione del potenziale che esisteva e questo movimento comunitario in unione di intenti per il bene della comunità: ecco quindi che un altro socio della cooperativa sceglie di allargare la sua attività alberghiera, iniziando a gestire anche il Maso Limarò; ed anche se il volere del nuovo proprietario era che la cooperativa rimanesse, non c’era modo se non il cambio del contratto per cessare il contributo della cooperativa (la burocrazia se ne infischia della bontà delle intenzioni, o meglio non ha strumenti per valutarla).

Ormai la strada sembrava in discesa perché dopo due anni arrivano i soldi del bando della Biosfera e viene così completato il progetto di ricerca. Nel mentre però le richieste di pagamento dovute ai servizi di gestione del bilancio, commercialista e revisioni da parte della Federazione Trentina della Cooperazione non cessavano di arrivare anche se al di là della ricerca non vi erano state attività d’impresa. Mancanze di attività dipendenti da tutto fuorché dalla buona volontà dei proponenti.

Ma la cooperativa non aveva un ufficio segreteria. Più che le richieste, legittime, di pagamento dei servizi, scoraggiava il “modo” che palesemente non concepiva il concetto di start-up cooperativa.

La cooperativa è poi comunque riuscita ad avere lo storno di una parte dei pagamenti dovuti alla Federazione da parte di Promo Coop. Il punto però è un altro: in ambito cooperativo servono strumenti adeguati in ottica d’aiuto di una piccola realtà. Una cooperativa piccola appena nata non può essere paragonata ad un consorzio o uno spin-off di una grande cooperativa con le spalle larghe. Alla Cooperativa Fuoco non servivano aiuti a livello economico ma qualcuno che si sedesse in parte per capire la modalità di procedere essendo Fuoco, la prima cooperativa di comunità del Trentino. Altro problema in cui sono rimasti soli è la definizione della legge regionale sulle cooperative di comunità. La Federazione in quanto ente di rappresentanza non riusciva a fornire assistenza, ci si riduceva alla misera domanda “di quanto avete bisogno?”. Lo ricordiamo: l’obiettivo primo di una cooperativa non è creare profitto, ma soddisfare un bisogno.

Siccome parliamo di ragazzi che non smettono di cercare alternative e visto che dallo studio risultavano avere una maggiore concezione turistica ai fini della creazione di un progetto di ospitalità autentica, i soldi per la ristrutturazione delle due baite vengono trovati da una manovra sulle forme innovative di turismo di comunità in Provincia Autonoma di Trento.

Sul calar della sera, sorge un’altra domanda (abbiamo capito che i soci di questa cooperativa se ne sono fatte molte…): a questo punto il progetto ha ancora senso? Si. Abbiamo i soldi per farli? Si. Ha senso prendere i soldi e farli bruciare a livello di burocrazia?

Forse no. Quindi studiando bene cosa si poteva fare, si è trovato il modo per far arrivare i soldi alle Asuc, le Amministrazioni separate dell’uso civico.

E quindi: la parte pubblica cede i soldi alle proprietà collettiva, le Asuc li usano per metà per ristrutturare e per metà per la realizzazione di progetti di comunità gestiti dalle persone della Cooperativa Fuoco con altre forme giuridiche.

Rimaneva che una cosa da fare: chiudere la cooperativa e cedere il marchio ad un’altra cooperativa più strutturata ma con gli stessi valori “fuori dagli schemi”.

Il buono di questa storia è che un modo per proseguire si è trovato ma il come ci si è arrivati resta, di fatto, una grande inopportunità.

*Da una ricerca di Istat e Euricse emerge che “dai dati analizzati, è evidente minore propensione digitale e innovativa delle cooperative rispetto alle altre imprese” (https://www.pingocoop.it/news/rapporto-cooperative/)

Ricerca Biosfera “Fuochi nelle Malghe”:

(http://www.mabalpiledrensijudicaria.tn.it/pagina.php?id=88)

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