Sicurezza: bisogno o sensazione?

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Elio Proietti
Elio Proietti è un manager IT con una profonda passione per la psicologia e la cucina. Nel suo percorso professionale, Elio ha saputo combinare le sue competenze tecniche con un forte interesse per la comprensione delle dinamiche umane, applicando principi psicologici per migliorare la gestione dei team e l'efficienza dei progetti. Oltre al lavoro, Elio ama sperimentare in cucina, dove trova un ulteriore modo per esprimere la sua creatività e attenzione ai dettagli. La sua capacità di coniugare tecnologia, umanità e arte culinaria lo rende una persona unica e versatile.

Si sente spesso parlare di sicurezza, ma quella che viviamo è reale o è solo una percezione?
Molto spesso la sicurezza che sentiamo non corrisponde a una condizione oggettiva. Pensiamo, ad esempio, a una persona abituata alle altezze: di fronte a un burrone che costeggia un sentiero, non prova alcun timore. La sua percezione di sicurezza è alta, perché ha fiducia sia in sé stessa, sia nel sentiero che sta percorrendo. Al contrario, una persona che soffre di vertigini, nella stessa situazione, proverà ansia e paura.
Lo stesso meccanismo si può osservare in chi vive stabilmente in una grande città e in chi la visita per la prima volta: ciò che per uno è normale, per l’altro può sembrare minaccioso.
Nei bambini il bisogno di sicurezza è particolarmente sviluppato, proprio perché per loro tutto è nuovo. Ogni situazione mai vissuta prima, può generare insicurezza e timore. È compito degli adulti educare i più giovani affinché queste insicurezze non si trasformino in traumi o fobie.
Se ogni giorno diciamo a un bambino: “non attraversare il bosco perché c’è il lupo”, finiremo per alimentare in lui sia la paura del bosco che del lupo. Se invece gli forniamo strumenti e conoscenze su come affrontare un eventuale pericolo, crescerà attento ma sicuro di sé, e magari un giorno sarà in grado di aiutare qualcun altro.
Proprio questo bisogno di sicurezza che ciascuno di noi prova, può portarci a cercare risposte semplici, rapide. È in questo spazio che si inseriscono gli estremismi, che promettono di colmare quel bisogno profondo che sentiamo “nello stomaco”.
La paura del diverso, dello straniero, alimenta un senso costante di insicurezza. Ma spesso dimentichiamo che chi arriva da fuori prova la stessa insicurezza, se non di più, rispetto a chi accoglie. In fondo, ciò che vediamo come scontro è spesso l’incontro di due paure: diverse, ma entrambe reali.
Tendiamo a demandare la sicurezza alle istituzioni, dimenticando però che la prima sicurezza deve nascere dentro di noi. Se non abbiamo consapevolezza delle nostre capacità e dei nostri pregi, rimarremo insicuri, anche vivendo nello Stato più protettivo.
Conoscere sé stessi, accettarsi, diventare solidi: sono le basi per sentirsi al sicuro, indipendentemente dal contesto.
Un’altra fonte di insicurezza oggi è il mondo virtuale. Sui social assistiamo alla nascita e crescita di falsi miti, di modelli irraggiungibili che ci fanno sentire inadeguati e fragili.
In rete molte persone si sentono forti, ma nel mondo reale mostrano tutta la loro insicurezza. Pensiamo ai cosiddetti haters, che insultano e attaccano pubblicamente contenuti online. Nella maggior parte dei casi, messi faccia a faccia con la persona che hanno insultato, non riuscirebbero nemmeno a dire “buongiorno”, figuriamoci a sostenere un confronto diretto.
Tutte le nostre paure e le nostre sicurezze sono soggettive, legate al contesto e alla nostra storia personale. Per questo motivo, chiedere ad altri di garantirci sicurezza piena e duratura è illusorio: si possono soddisfare bisogni oggettivi, ma non quelli profondamente soggettivi.
Il mio sentire sarà sempre, anche solo in minima parte, diverso dal tuo. E quella piccola differenza, alla lunga, renderà ogni risposta esterna insoddisfacente.
La vera sicurezza nasce da dentro: dalla consapevolezza, dalla conoscenza, dalla fiducia. Solo così potremo affrontare le nostre paure senza esserne travolti.

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