Intervento di Rosalia Selvaggi, rappresentante delle studentesse e degli studenti all’apertura del 781° Anno Accademico dell’Università di Siena¹

Autore

15 novembre 2021

Signor Presidente della Repubblica

Autorità civili istituzionali e religiose,

Magnifico Rettore,

Studenti e studentesse

buongiorno a tutte e tutti voi

Per evitare di apparire superficiali, come spesso descrivono noi giovani, vorrei cominciare notificando che nel tempo estremamente ridotto che ci è stato concesso, sarà, a nostro avviso alquanto difficile analizzare come l’intenso periodo storico in cui ci troviamo abbia influito sulle problematiche di studentesse e studenti. Anzi, mi chiedo anche se non si tratti di una metafora della marginalità che paradossalmente quando si parla di università e formazione vede coinvolta la componente studentesca tutta. Il 2020 è stato un anno in cui tutti gli aspetti della vita sociale ed economica sono stati rivisitati e vissuti in un’ottica emergenziale, in modo del tutto inatteso e mai sperimentato. Qual è la normalità che il Covid ha tolto a studenti e studentesse? E come ha esacerbato le problematiche dell’Università? Ha creato dei disagi nell’approccio alla didattica, ha alimentato il deteriorarsi dei rapporti sociali e ha messo in luce una serie di problematiche già esistenti legati alla sfera psicologico-psichiatrica, mosse da un sistema meritocratico, classista e sessista che impera all’interno dell’università. La didattica a distanza: se ne è parlato tanto e sempre in termini di aut-aut, di contrapposizione mutualmente esclusiva tra questa e l’università in presenza. E se la soluzione non fosse nell’opposizione ma nell’integrazione, se le cose andassero di pari passo, quale sarebbe il risultato? Forse concorrerebbero insieme a creare un equilibrio di incisività e integrazione sociale all’interno degli spazi universitari, garantendo a tutti e tutte di aver accesso ai saperi senza divari né disparità. Ma era davvero necessaria la pandemia affinché fosse l’università a plasmarsi sugli studenti e non gli studenti su questa? La didattica a distanza non ha sostituito l’università in presenza e non deve essere vista come una soluzione definitiva, piuttosto come ulteriore mezzo a disposizione di studenti e studentesse per avere l’accesso ai saperi. Bisogna che il nostro e il vostro fine ultimo sia la formazione e la crescita degli studenti, non il guadagno dell’Azienda universitaria. Lo studio non deve essere più un privilegio per pochi ma un diritto per tutti. Si parla del nostro futuro ma si continua a farlo senza di noi. Siamo i giovani coinvolti nel dramma della fuga da un paese che non valorizza il merito. Ma merito di cosa? Che devono fare gavetta self made man e mai women a cui viene ripetuto costantemente lo slogan: “se ti impegni ce la fai!”. Ed esausti invece ci troviamo costretti ad abbandonare gli studi perché l’istruzione nel nostro paese è un lusso e mai un diritto. Siamo studenti e studentesse di un’università in cima alle classifiche del Censis; gli stessi e le stesse che i dati Istat descrivono come eccellenze: ma questa eccellenza che prezzo ha? Abbiamo vissuto una pandemia e abbiamo visto il nostro futuro diventare sempre più precario, con l’unica certezza e costanza che il merito viene usato per giustificare ingiustizie e classismo, dove si analizzano dati sulle disuguaglianze e si propone come soluzione una maggior competitività. Un’idilliaca narrativa meritocratica costruita attorno all’università ha rafforzato l’idea di merito come criterio valutativo naturale quasi scontato; ha alimentato un sistema in cui il peso della continua valutazione si alterna con la paura del fallimento e un senso di inadeguatezza, in cui non è concesso avere fragilità, ma che ci vuole performanti sicuri, sempre impegnati e attivi per non perdere l’ascensore sociale. La stessa che sta trasformando le università in palestre di sfruttamento, in cui ci insegnano a riprodurre un modello di sviluppo che, guarda caso, è lo stesso che sta distruggendo il nostro pianeta. Ci hanno ripetuto che non c’erano i soldi per l’istruzione per la ricerca, per creare lavoro, per la sanità, per i territori, e per contrastare il disastro ambientale. Che l’unico welfare ancora esiste su cui possiamo contare è la nostra famiglia. Basti pensare all’ultima legge di bilancio e al piano nazionale di ripresa e resilienza in cui non si fa il minimo accenno a università e ricerca.

E allora ci chiediamo: cosa ha intenzione di fare questo governo per contrastare davvero disuguaglianze, povertà, precarietà, abbandono scolastico e universitario. E nessuno si aspetti dei ringraziamenti, né di trovarci in silenzio. Forse è arrivato il momento di ascoltarci.

Vorrei poi analizzare anche l’altra faccia della narrazione dello studente prodigio e meritevole, che ha portato a un aumento del disagio psicologico, culminato nella crescita del tasso di suicidi tra giovani in Italia. Come se ciò non bastasse, anche la pandemia ha fatto la sua parte causando difficoltà nella prosecuzione degli studi di ognuno e ognuna di noi, con un riscontro evidente anche sui rapporti sociali, sul benessere, sulla salute della componente studentesca tutta. La tutela della salute mentale, individuale e collettiva, deve essere un imperativo da non dimenticare, soprattutto in università. Il disagio psicologico non è una questione individuale, ma ha radici nel sociale ed è nel sociale che risiede la risoluzione. Eppure in Italia la salute mentale non è veramente riconosciuta come un diritto; si fa fatica a parlarne, si tende ad inquadrala come una questione privata di cui a tratti vergognarsi. Si sente spesso la parola ripartenza. Allora ripartiamo dall’università. Ripartiamo dalla considerazione dello studente, dall’abbattimento delle disparità, e da tutto ciò che si è detto in questi minuti.

Concludo augurando un felice anno accademico a tutte e tutti, ringraziando la visita del presidente Mattarella che ha permesso la realizzazione di un ammodernamento e risistemazione ad hoc, pronta ed efficiente, di strutture e spazi per gli studenti prima lasciati a loro stessi in assenza di ospiti prestigiosi. La patina dell’apparenza colpisce tutti cercando di nascondere quella normalità che non è mai abbastanza perfetta, ma che finisce solamente per rendere più evidenti i non interventi. Invitiamo pertanto il nostro ospite di oggi anche presso le residenze di Sperandie, Uopini, San Marco, La Tognazza e De Nicola e presso le mense di Sant’Agata e Bandini, fiduciosi che la sua visita possa essere risolutiva.

Grazie dell’attenzione.

¹ https://www.youtube.com/watch?v=fKi_JL29j60

Articolo precedenteAsfissia
Articolo successivoInopportunità

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Ultimi articoli

Fare un salto non è avanzare… ovvero il neoliberista saltatore

...e se tra l'altro fosse meglio arretrare? Si tratterebbe di fare un salto all'indietro. Per quanto difficile quest'ultima soluzione porterebbe in nessun...

F. Basaglia, F. Ongaro Basaglia, La maggioranza deviante. L’ideologia del controllo sociale totale.

UM: Non siete stupiti della ripubblicazione del vostro libro a cento anni dalla nascita di uno di voi e in un'epoca che...

Il salto di Fosbury e la scelta di essere liberi

UNA RIFLESSIONE FILOSOFICA A PARTIRE DALL’IMPRESA DI CITTÀ DEL MESSICO 1968 Le seguenti considerazioni prendono corpo ad un anno...

Ripetizione, salto, crisi. Sulla nascita.

Ripetizione e ricordo sono lo stesso movimento, tranne che in senso opposto: l’oggetto del ricordo infatti è stato, viene ripetuto all’indietro, laddove...

A che basta un salto

«Chi non salta un francese è! È! Chi non salta…». Un coretto scandito e ripetuto più volte da un miscuglio di voci...