Il cinema e il suo doppio

Autore

Dario D'Incerti
Dario D’Incerti si occupa di produzione di audiovisivi per uso pubblicitario, istituzionale e didattico. Svolge altresì attività di consulenza nel campo cinematografico e di ricerca sul tema del rapporto fra cinema e formazione. Su questi argomenti ha all'attivo svariati articoli ed è autore di due volumi, "Schermi di Formazione" (2000) e "Nuovi schermi di formazione" (2007), entrambi editi da Guerini & Associati e scritti in collaborazione con M. Santoro e G. Varchetta. Come consulente ha partecipato a progetti di formazione per aziende tra cui Unilever Italia, Enel SpA, ENI Corporate University, Isvor-Fiat, Barilla SpA, Posteitaliane SpA, Bayer, Pirelli, Rai - Radiotelevisione italiana, Max Mara Fashion Group, Credito Emiliano, Vodafone, Publitalia ’80, Wella Italia, Océ, Fondazione Cini, Banca Intesa, Daimler-Chrysler, Adecco, Zambon, Orient Express Hotels, Manuli Rubber Industries SpA, Aeroporti di Roma. Ha svolto attività seminariali per le università di Torino, di Milano (Statale e Bicocca) e di Roma3. Nel 2007 ha dato vita al ForFilmFest, Festival del cinema per la formazione, organizzato in collaborazione con la Cineteca di Bologna ed è membro della giuria del premio AIF Cinema che viene assegnato ogni anno durante la Mostra del Cinema di Venezia. E’ presidente dell’Associazione Culturale Cinelogos.

Se si cercano le origini etimologiche della parola “immagine” si scopre, con nemmeno troppa difficoltà, che esse vanno ricercate nella radice protoindoeuropea “YEM”, dalla quale arrivano altri interessanti lemmi della lingua italiana tra cui “imitare” e “gemello”. Da queste tracce risulta evidente come le immagini richiamino alla mente qualcosa di “doppio” e come il tema del “doppio” sia stato fin dall’inizio uno dei più affascinanti e ricorrenti nella storia del cinema. Questo concetto, che affonda le sue radici nella letteratura romantica e psicoanalitica (da E.T.A. Hoffmann a Dostoevskij, fino a Freud), ha trovato nel linguaggio cinematografico un mezzo privilegiato per essere esplorato, grazie alla sua capacità di rappresentare visivamente l’ambiguità, la scissione dell’identità e il conflitto interiore. E’ in effetti lo “specifico filmico” ad essere particolarmente adatto a rappresentare il “doppio” perché lavora con immagini riflettenti, ombre, montaggio parallelo e sovrimpressioni. La macchina da presa può mostrare allo spettatore due lati dello stesso personaggio, o due personaggi simili ma distinti, sottolineando l’ambivalenza tra realtà e apparenza, tra sé e altro. Spesso il doppio si manifesta come un alter ego del protagonista: una figura che incarna ciò che il personaggio rimuove o reprime. Può essere un gemello, un clone, un sosia, un sogno o una parte scissa della psiche. Questo doppio può essere inquietante, minaccioso (il cosiddetto doppelgänger), oppure liberatorio. Una ricognizione di tutte le possibili variazioni sul tema offerte dal cinema è ovviamente impossibile in questa sede ma almeno alcuni esempi possono essere fatti. In ordine cronologico, il primo film di cui si deve necessariamente parlare è Lo studente di Praga (1913) di Stellan Rye e Paul Wegener, in cui si narra di uno spiantato studente, Baldovino, che si innamora di una facoltosa contessa e che, pur di avere la possibilità di amarla, accetta la proposta di un mefistofelico personaggio, il Dottor Scapinelli, il quale, in cambio di 100.000 monete d’oro, è disposto a comprare la sua immagine riflessa in uno specchio. Una volta diventato ricco, però, per lo studente si apre un abisso di perdizione in quanto il suo doppio inizia a perseguitarlo sino a rendere impossibile il suo amore per la contessa; deciso a porre fine a tutto ciò, Baldovino provocherà però la propria morte quando, sparando alla ennesima apparizione della sua immagine, ucciderà il suo doppio ma anche se stesso. Il cinema degli albori è spesso basato su radici letterarie e attinge a piene mani dalla narrativa popolare. La vicenda probabilmente più emblematica in tal senso è quella legata al racconto Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde (Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde, 1886) di Robert Louis Stevenson. Da questa cupa e angosciante storia sono state ricavate decine di versioni cinematografiche, teatrali e televisive, spesso anche in forma di parodia. Quella più celebre rimane il film del 1941 con Spencer Tracy, diretto da Victor Fleming, reduce dal grande successo di Via col vento. Qui il tema del doppio diviene pretesto per segnalare la compresenza nell’animo umano di luce e ombra, di male e bene, e per denunciare gli effetti perversi che la mancata integrazione di questi elementi può provocare. Il film pone maggiore enfasi sugli elementi psicologici e neurologici dei disturbi fisici e testimonia l’inaffidabilità dell’aspetto corporeo come segno di salute o degenerazione..Proseguendo rapidamente in questa parzialissima carrellata non si può che giungere a “La donna che visse due volte” (Vertigo, 1958) di Alfred Hitchcock la cui protagonista

sembra essere due donne diverse, creando una tensione tra realtà e illusione, e a “La doppia vita di Veronica” (La double vie de Veronique, 1991) di Krzysztof Kieslowski, nel quale il regista polacco indaga con stile ipnotico alcuni dei temi a lui più cari, come l’interconnessione tra gli esseri umani, la sincronicità e la compassione. In tempi più recenti val la pena di ricordare almeno due film: Black Swan” (2010) di Darren Aronofsky in cui la protagonista vive un conflitto tra la parte “bianca” e “nera” della sua personalità, simbolizzate dalla scissione tra cigno bianco e cigno nero e “Enemy” (2013) di Denis Villeneuve nel quale un uomo scopre un suo doppio identico e inizia un’ossessiva indagine che porta a un profondo disagio identitario. Come si vede, i temi connessi al “doppio” sono molteplici e vanno dall’indagare, appunto, il rapporto tra “identità” e “alienazione”, al concepire il doppio come manifestazione dell’inconscio, del rimosso, del desiderio represso (tema freudiano per eccellenza) e dal mettere in guardia sui pericoli delle innovazioni tecnologiche che finiscono per cancellare i confini tra naturale e artificiale, tra ciò che è umano e ciò che non lo è più. Sono le coniugazioni fantascientifiche del tema, a partire dagli Ultracorpi di Don Siegel fino ai replicanti di Blade Runner. Un altro modo di raccontare il doppio è quello che fa riferimento ai supereroi (i vari Superman, Batman, Spiderman…) in cui si gioca con la possibilità che dietro ciascuno di noi, anche i più banali e noiosi, si nasconda un superuomo, il più delle volte (con qualche eccezione) votato al bene e a riparare le ingiustizie del mondo. Infine, tra le ultime declinazioni del tema, riprendendo da un lato la distinzione classica tra sogno e realtà e contando dall’altro su uno spettatore meno ingenuo di un tempo, il cinema si espande in territori in cui lo spazio liminale in cui reale e immaginario si sovrappongono (Inception, Mulholland Drive) e la possibilità di visualizzare conflitti psicologici interni, di indagare dinamiche morali e filosofiche (bene/male, vero/falso, sé/altro), si coniuga con dimensioni metacinematografiche, in cui lo spettatore stesso viene messo in discussione (The Prestige, Perfect Blue). In sintesi, il cinema trova nel tema del doppio uno strumento potente per indagare la complessità dell’identità umana, sfruttando appieno le possibilità visive e narrative del mezzo. È un tema che non smette di affascinare perché ci obbliga a confrontarci con l’ambiguità che abita ogni individuo.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Ultimi articoli

Elogio all’ambiguità

“Non c’è un sì a cui non sia appiccicato un no. Puoi far ciò che vuoi, troverai sempre venti bellissimo idee pro,...

Il doppio e il suo annullamento

Se vado a teatro, si spengono le luci, c'è buio e  mi capita di commuovermi, di perdermi: divento la storia, entro nella storia. Lo stesso...

Dialogo tra Eloisa Morra e Lavinia Mainardi

“…Capii quale esperienza è possedere, a differenza dell’uomo, un corpo da animale da muta, un corpo che cresce e cala come quello della luna...

Non ti capisci

Prima dici che mi ami e poi sparisci, non te la senti non apprezzi mi fai perdere i pezzi e costruire un mondo. Mi fai cavalcare l’onda...

L’ambiguità del volontariato

Quando si parte per un progetto di volontariato sanitario, lo si fa con l’intenzione chiara di portare competenze, strumenti e supporto dove...