Convivialità estesa e anarchia

Autore

Ugo Morelli
Ugo Morelli, psicologo, studioso di scienze cognitive e scrittore, oggi insegna Scienze Cognitive applicate al paesaggio e alla vivibilità al DIARC, Dipartimento di Architettura dell’Università Federico II di Napoli; è Direttore Scientifico del Corso Executive di alta formazione, Modelli di Business per la Sostenibilità Ambientale, presso CUOA Business School, Altavilla Vicentina. Già professore presso le Università degli Studi di Venezia e di Bergamo, è autore di un ampio numero di pubblicazioni, tra le quali: Mente e Bellezza. Arte, creatività e innovazione, Allemandi & C, Torino 2010; Mente e paesaggio. Una teoria della vivibilità, Bollati Boringhieri, Torino 2011; Il conflitto generativo, Città Nuova, Roma 2013; Paesaggio lingua madre, Erickson, Trento 2014; Noi, infanti planetari, Meltemi, Milano 2017; Eppur si crea. Creatività, bellezza, vivibilità, Città Nuova, Roma 2018; Noi siamo un dialogo, Città Nuova Editrice, Roma 2020; I paesaggi della nostra vita, Silvana Editoriale, Milano 2020. Collabora stabilmente con Animazione Sociale, Persone & Conoscenza, Sviluppo & Organizzazione, doppiozero, i dorsi del Corriere della Sera del Trentino, dell’Alto Adige, del Veneto e di Bologna, e con Il Mattino di Napoli.

“Zan, Zendegi, Azadi” [Donna, Vita, Libertà], gridano senza paura le donne iraniane in rivolta nell’autunno 2022. È di Antigone, nella parte finale de I sette contro Tebe di Eschilo, la prima menzione scritta della parola anarchia. La vicenda sarà poi ripresa nella nota tragedia di Sofocle e rappresentata per la prima volta ad Atene alle Grandi Dionisie del 467 a.C. dove Antigone testualmente recita:

Non ho vergogna di mostrare alla città questo atto di disobbedienza” [versi 1035-1036].

Antigone, dice di no: esprime un sentimento e un atto di disobbedienza e ribellione individuale nei confronti di una regola che trova ingiusta e dei governanti che le impediscono di seppellire il fratello. Ingiustizia, disobbedienza, assunzione di responsabilità diretta, centralità dei sentimenti, messa in discussione della gerarchia e del potere costituito, convivialità come criterio primario, mutuo appoggio: sono questi alcuni principi che hanno distinto fin dal principio il pensiero e la tradizione anarchica. Antigone esprime la propria posizione in prima persona sostenendo che, se nessuno se ne assumerà l’incarico, sarà lei stessa a compiere il rito funebre, anche a costo di dover seppellire gli stessi governanti e affrontando i pericoli che ne deriveranno.

La critica del potere e delle strutture sociali autoritarie è apparsa, se guardata dal punto di vista dei poteri e delle gerarchie consolidate, sempre associata alla violenza e alla sovversione. Non sono certo mancate e non mancano forme esasperate di reazione alle ingiustizie e all’oppressione dei poteri consolidati che hanno fatto e fanno uso della violenza distruttiva, definendosi di ispirazione anarchica. Come sempre sono le più appariscenti e spesso finiscono per celare la rilevanza della tradizione più importante del pensiero libertario e delle azioni e delle prassi conseguenti in molti ambiti della vita sociale e politica. Le prime teorizzazioni anarchiche, infatti, nascono dai concetti del giusnaturalismo e da alcune comunità cristiane radicali, prendendo poi corpo nell’utopismo di Thomas Moore, così come in alcune delle posizioni più mature di Denis Diderot: “Volete che vi racconti un bel paradosso? Io sono convinto che la specie umana può essere veramente felice solo in uno stato sociale nel quale non vi siano né re, né magistrati, né preti, né leggi, né tuo, né mio, né proprietà mobiliare, né proprietà fondiaria, né vizi, né virtù; e questo stato sociale è maledettamente ideale” [Diderot, L’uomo e la morale, Editori Riuniti, Roma 2021; pag. 42].

Se si mette in discussione il frequente uso dispregiativo del concetto di anarchia, inteso come equivalente di caos, assenza di armonia, utilizzato in parte anche da William Goodwin oggi ritenuto il primo pensatore anarchico [John P. Clark, The Philosophical Anarchism of William Godwin, Princeton University Press, 1977], si giunge, ad una fitta varietà di forme di discontinuità, di contrapposizione con il concetto di ordine governativo costituito che può mettere in grado di rivalutarne il significato politico. La tradizione mutualistica e libertaria attribuisce, infatti, a questo termine il significato di un nuovo ordine antigerarchico (fondato sulla pari dignità, e perciò autentico) che si contrappone al caos burocratico dell’autorità, e ricerca un tipo di società basato sull’orizzontalità, sulla reciprocità paritaria tra individui, che crei armonia. Il primo a utilizzare la parola anarchia in tal senso fu Pierre-Joseph Proudhon. 

La ricerca delle condizioni del mutuo aiuto ha trovato in Pëtr Kropotkin uno studioso di riferimento, in quanto secondo l’autore il mutuo appoggio è un fattore distintivo dell’evoluzione [P. Kropotkin, Il mutuo appoggio. Un fattore dell’evoluzione, Eleuthera, Milano 2020]. Kropotkin è stato un naturalista e filosofo che ha pubblicato inizialmente i saggi che compongono il libro sul periodico inglese The Nineteenth Century tra il 1890 e il 1896. Le tesi che esaminano il ruolo del mutualismo e della cooperazione nel regno animale e nelle società umane, costituiscono un’alternativa sia alle teorie del darwinismo sociale che, com’è noto pongono l’enfasi sulla competizione e sull’egoismo, sia alle rappresentazioni romantiche di scrittori come Jean Jaques Rousseau, il quale pensava che la cooperazione fosse motivata da una forma di amore universale. Kropotkin sostiene, infatti, che il mutuo appoggio fornisca vantaggi pratici per la sopravvivenza delle comunità sia umane che di altre specie e che, tanto quanto la coscienza morale, sia stato premiato dalla selezione naturale. Il mutuo appoggio ha avuto un ruolo importante nel far sopravvivere e prosperare le specie animali e le società umane nelle forme vernacolari dei villaggi e delle comunità popolari. Secondo Kropotkin gli Stati distruggono importanti istituzioni di mutuo appoggio, in particolare attraverso l’imposizione della proprietà privata. Sono molti i biologi che ritengono il testo di Kropotkin un’utile base per lo studio scientifico della cooperazione. 

Gli esperimenti e i tentativi di applicazione e realizzazione di comunità e società anarchiche sono stati molteplici. Rimane da studiare con attenzione perché le concretizzazioni siano state tendenzialmente fallimentari, senza per questo giungere frettolosamente a dire che ciò proverebbe l’impossibilità dell’ideale del mutuo appoggio, della prospettiva libertaria e della cooperazione mutualistica.

La Comune di Parigi del 1871 è stato un rappresentativo e vasto tentativo di società anarchica di risonanza globale; da notare in proposito è il commento di Michail Bakunin, uno dei grandi pensatori storici dell’anarchia di radice socialista:

“Non c’è più uno Stato, non c’è più un potere centrale superiore ai gruppi che impongano la loro autorità; c’è solo la forza collettiva risultante dalla federazione” e poiché non esiste più lo Stato centralizzato e “i comuni godono della pienezza della loro indipendenza, c’è la vera anarchia.” [M. Bakunin, La Commune de Paris et la notion d’État, 1871, edito 1878 col periodico anarchico Le Travailleur].

Oltre alla rivolta di Kronstadt per l’indipendenza dallo zarismo, repressa nel sangue dall’Armata Rossa al comando di Lev Trotsky, altre realizzazioni concrete e vaste dei principi anarchici nella società si ritrovano durante la guerra civile di Spagna. I lavoratori, attraverso le organizzazioni anarco-sindacaliste, diedero prova di autogestione dei trasporti pubblici e delle aziende produttive sia industriali che agricole; attraverso le assemblee di base furono realizzate collettivizzazioni delle terre confiscate ai latifondisti e, in alcuni casi, fu addirittura abolita la proprietà. Questi eventi sono descritti magistralmente da George Orwell, testimone oculare in quanto combattente, nel suo Omaggio alla Catalogna.

Negli Stati Uniti, nel passato il movimento anarchico è stato spesso associato all’individualismo del filosofo e letterato Henry David Thoreau; nel mondo contemporaneo, Noam Chomsky appare come uno dei propugnatori e divulgatori più noti del pensiero socialista libertario attuale. Una gamma di rinnovati anarchismi emerse da una rete di movimenti socialisti europei nel campo più ampio del libertarismo dei movimenti sociali degli anni 1960 e ’70 del Novecento che si concentravano su singoli temi, ma non necessariamente di ben definita appartenenza politica [femminismo, movimento ecologista, movimento antinucleare, movimento studentesco]. Così nacquero i movimenti indipendenti degli anni ’60 e ’70 in gran parte votati a tali nuove tendenze anarchiche e non connessi con l’anarchismo classico o col movimento operaio, come l’anarco-insurrezionalismo, con la tendenza alle azioni immediate, come le espropriazioni di edifici abbandonati e l’enfasi sul consenso di piazza. L’anarchismo contemporaneo si è sviluppato in paesi più tecnologicamente avanzati, dove i giovani si indignano contro uno Stato che maschera e nasconde la sua associazione con il capitalismo corporativo multinazionale.

In base all’ispirazione dell’anarchia e al pensiero anarchico, si sono sviluppati nel corso del tempo orientamenti e posizioni verso la proprietà e l’economia, stili e metodi di gestire conflitti e accordi, un’idea delle persone come istituzioni assolute, una distinzione tra organizzazione, potere, autorità e gerarchia, vie per perseguire accordi con metodi non violenti e non perseguire solo consenso. Internazionalismo, antimilitarismo e autogestione sono aspetti decisivi per comprendere la storia e l’evoluzione dell’anarchia.

A partire dall’intenso lavoro di Robert Owen, che visse e operò dall’ultimo quarto del diciottesimo secolo alla metà del diciannovesimo secolo, a Paul Goodman, artista, poeta, scrittore e pacifista anarchico, fino a Bertrand Russell, per giungere a Colin Ward, il pensiero utopista-anarchico si è espresso in importanti percorsi applicativi in architettura, urbanistica, educazione. Colin Ward è stata una delle principali figure legate all’anarchismo e al pensiero radicale a livello internazionale dal secondo dopoguerra ai nostri giorni, fornendo contributi di particolare importanza sulla vivibilità e la sostenibilità. Fu Carlo Doglio a collegare la realtà italiana a quel mondo, non solo praticando ricerca, insegnamento e applicazioni con l’ispirazione anarchica, ma anche traducendo in Italia Piccolo è bello. Uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, edito nel 1973. Così come Doglio si occupò delle forme possibili di convivialità collaborando con Danilo Dolci e Carmelo Samonà per realizzare uno straordinario piano urbanistico della Sicilia, pubblicato dalla casa editrice Il Mulino con il titolo La fionda sicula.

Di particolare importanza è approfondire le interdipendenze tra questa articolata e differenziata tradizione di pensiero e la ricerca, gli studi e l’azione di Ivan Illich.

Quando i fratelli Stephen, Vanessa, Virginia, Tobi e Adrian, Nell’autunno del 1904 traslocarono dal quartiere di Kensington a quello di Bloomsbury, a Londra, lo fecero contemporaneamente come un atto di rivolta verso la tradizione e la casa paterna e per il piacere di consegnarsi alla convivialità e alla discussione fino a tarda notte, parlando di letteratura e interrogandosi sulla bellezza e sull’etica, perché per loro bellezza ed etica andavano insieme. Tutto cominciò con una casa, una casa che non fosse la casa patriarcale ma uno spazio fisico corrispondente ad uno spazio del pensiero. Virginia Woolf è molto chiara al riguardo: senza la maternità di un luogo tutto per sé non si può scrivere non si può creare. Un luogo di convivialità e un luogo per incontrare i propri amici e condividere con loro un’esperienza comunitaria. Quello di Bloomsbury non è stato un club e neppure un circolo ma un gruppo di persone che stavano insieme in maniera vera e feconda perché pensare insieme li appassionava. La vera forza del gruppo di Bloomsbury fu proprio la questione della forma che per ogni creativo e artista è centrale e non è mai esclusivamente formale. Inventare delle forme significa inventare delle nuove forme di vita, così come fecero Virginia Woolf e il gruppo di Bloomsbury, elaborando attraverso la loro opera anche un nuovo modo di stare al mondo, all’altezza dei desideri e delle motivazioni profonde che ciascuno porta dentro di sé nel proprio tempo. Nel loro tempo quelle giovani donne e quegli uomini ebbero il coraggio di sfidare codici e canoni che non li rappresentavano per inventare qualcosa di diverso senza che questo qualcosa si trasformasse in una nuova ideologia da contrapporre alla vecchia, restando nel campo della ricerca, del movimento, dell’invenzione e senza trasformare tutto questo in una qualche forma di ideologia. La convivialità, tra l’altro, aiuta a stare nell’incertezza, che forse è una delle più importanti tra le disposizioni creative nella vita come nell’arte. Si possono inventare infatti nuove forme e nuove vite solo se ci si espone allo shock della realtà, ovvero all’emozione di uno sguardo e di un ascolto del mondo che scuote, che trasforma continuamente. È stato William Shakespeare a sostenere in un suo verso: “Society is the Happiness of Life”. Soltanto incontrandosi, mettendo esperienze e desideri in comune, si può essere felici e insieme cogliere il rischio e l’avventura di inventare la vita.

Eppure, la convivialità e il suo valore non si fermano alle relazioni tra gli umani. Amitav Ghosh, nel suo ultimo libro, La maledizione della noce moscata Neri Pozza Editore, Vicenza 2022, individua nel progetto di “terraformazione” e nella relativa concezione del “mondo-come-risorsa” le origini dell’affermazione estirpativa e distruttiva dell’attuale e catastrofico modello di sviluppo che si è affermato su tutto il pianeta. “I paesaggi (o i pianeti) vengono considerati fabbriche e la ‘Natura’ è vista come soggiogata e a basso costo” [p. 82]. Il processo di “terraformazione” è articolato e complesso e contiene dimensioni antropologiche, fisiche, linguistiche, politiche, economiche, che concorrono tutte insieme a creare quella che Juri Lotman definirebbe una “semiosfera”, un modo di vedere, pensare e agire nel mondo, che ha caratterizzato il processo di colonizzazione, finendo per divenire planetario e colonizzando persino i colonizzatori e il loro immaginario. Da quella “semiosfera” è estremamente difficile tirarsi fuori. Ma è proprio la convivialità con il sistema vivente di cui siamo parte – come Ghosh mostra, ad esempio, descrivendo i modi di concepire la natura e gli altri animali e i modi di rapportarsi con loro, da parte degli indiani nativi colonizzati e distrutti da coloro che hanno creato gli attuali Stati Uniti d’America – la via per cercare di uscire dall’incubo dell’attuale modello di sviluppo. 

Scrive il regista e scrittore egiziano-britannico Omar Robert Hamilton, su Internazionale n. 1484 del 28 ottobre/3 novembre 2022, in un articolo dal titolo Il potere sostenibile: “Ma la transizione energetica non potrebbe racchiudere al suo interno il potenziale di qualcos’altro? La sostituzione di un tipo di potere con un altro? Il potere dell’occidente nel mondo si impose grazie alla forte spinta della rivoluzione industriale del capitalismo, e al suo apripista, il colonialismo. È ovvio, dunque, che una nuova base su cui costruire una potenza energetica – solare, eolica, rinnovabile – potrebbe anche essere una base per un nuovo tipo di potere politico”. Hamilton associa il suo auspicio alla Cop27 del 6/18 novembre a Sharm el Sheikh.

La lunga traiettoria del pensiero antiautoritario e la sua vena mutualistica possono preparare le condizioni per pensare una convivialità estesa e forme di potere partecipativo a cui proprio il pensiero anarchico può fornire ispirazioni e orientamenti. 

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