Diario di Zlata. Una bambina racconta Sarajevo sotto le bombe.

Autore

Emanuela Fellin
Emanuela Fellin, pedagogista clinica, svolge la sua attività professionale, di studio, ricerca e consulenza per lo sviluppo individuale, sia con l’infanzia e l’adolescenza, che con gli adulti. Si occupa di interventi con i gruppi e le organizzazioni per la formazione e lo sviluppo dell’apprendimento e della motivazione. L’impegno di studio e applicazione è rivolto agli interventi nei contesti critici dell’educazione contemporanea, sia istituzionali che scolastici. Le tematiche principali di interesse vertono sui concetti di vivibilità, ambiente, cura e apprendimento. I metodi utilizzati sono quelli propri della ricerca-intervento e della consulenza al ruolo per lo sviluppo individuale e il sostegno alle dinamiche dei gruppi e delle organizzazioni.

Sono molto legata a Sarajevo e a ciò che i miei occhi hanno visto a volte così da vicino da rimuovere il dolore che una guerra può portare.

Qualche anno fa ho incontrato in libreria questo libro, apparentemente breve e semplice ma denso di significato e di riflessioni.

A scriverlo è Zlata Filipović che all’epoca aveva undici anni. Una bambina che scrive il proprio diario, come molti di noi hanno fatto nell’epoca del non-digitale, scrive ad un amico o a un’amica immaginaria. Le pagine scorrono veloci e semplici e la lettura è accompagnata dall’immedesimazione nella vita della piccola scrittrice.

Correvano i primi anni ’90. Mentre io studiavo all’Università, questa bambina veniva privata della sua infanzia a causa della guerra.

Non si riesce a comprendere cosa significhi vivere in un Paese in guerra in quanto le immagini che passano in televisione, seppur terribili, non fanno trasparire e non aiutano a comprendere le emozioni e la paura che invece provano le persone che si trovano in quelle situazioni. Eppure accadono.

Zlata era una bambina normalissima, felice, curiosa, intelligente e perspicace. Amava la musica, suonava il pianoforte, adorava la scuola e aveva molti amici. 

Da un momento all’altro tutto questo le viene portato via, prima le persone a lei care che iniziavano a scappare, poi la scuola chiusa, la stanza che ospitava il suo pianoforte non era più sicura perché esposta ai cecchini. Il libro cambia passo e si vive in tensione, la stessa tensione che traspare dalle parole di Zlata per la mamma che non rientra a casa, per le persone che muoiono per il papà che si allontana, per le corse a ripararsi, per i luoghi che non possono essere più vissuti.

Zlata ha iniziato a scrivere il suo diario ignara che sarebbe diventato un documento storico, una testimonianza speciale, seppur triste ma che apre gli occhi sulla tragedia della guerra.

Lei e i suoi genitori sono sopravvissuti ma nessuno può ridarle indietro l’infanzia che le è stata strappata per una guerra che l’ha fatta crescere e maturare troppo in fretta, scoprendo cosa significa diventare adulti.

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