Ogni volta che la prevaricazione arrogante di uno o di pochi offende in modo unilaterale e ingiusto uno o molti, chi è vittima vive un sentimento di colpa e si vergogna. La vittima si vergogna di non essere stato in grado di reagire in modo efficace, e per questo si sente in colpa verso se stessa e verso gli altri che condividono la stessa offesa. La colpa verso se stesso che chi è vittima vive deriva anche dalla paura di fallire nei propri progetti di vita. Che la violenza unilaterale e arrogante abbia questi effetti è descritto in modo ineguagliabile nella lettera di M. con cui apriamo il numero di gennaio 2021 di Passion&Lavoro, dopo gli atti di arroganza e violenza dell’amministratore delegato dell’azienda Voss Fluid verso i dipendenti e in particolare verso il Segretario Generale della FIM Cisl Lombardia, Andrea Donegà.
Quel gesto di violenza e arroganza viene da lontano. Sono molti anni che il lavoro è misconosciuto per il valore effettivo che ha, sia per ogni singola persona che per la qualità della nostra vita sociale e collettiva. Il clima nel quale il lavoro si svolge porta a considerarlo fungibile, subordinato al principio contabile, che si propone come il vero tratto della società automatica. Allora l’asimmetria di potere diventa eccessiva e cresce l’indifferenza verso i lavoratori.
La responsabilità grave e reiterata è stata di non reagire in almeno un quarto di secolo allo sgretolamento programmato del senso e del significato del lavoro, spesso assecondando linguaggi, come quello della meritocrazia, o quello della flessibilità non condivisa, ma anche quello di una sicurezza sempre più trascurata, o del progressivo disinvestimento in formazione, che hanno portato alla crisi del lavoro attuale.
La lettera di M., oltre allo straordinario esame di realtà, con una mossa creativa di autoterapia, suggerisce una via fondamentale da percorrere per il riscatto. Interpretando la crisi come opportunità, emerge la prospettiva del bene comune, della riappropriazione della propria vita, della solidarietà, del riequilibrio tra tempo della vita e tempo del lavoro. Mentre si educa, nel senso che tira fuori da sé le risorse e il progetto per andare oltre, M., ci educa a riconoscere nel trauma la parte generativa e, nonostante l’offesa, mettere mano a un disegno di futuro del lavoro e di noi stessi.