“Gli animali del mondo esistono
per ragioni tutte loro”
[Alice Walker]
È probabile che, per chi ha impiegato la principale parte del tempo evolutivo, come la specie umana, ad affermare la propria autonomia, facendo i conti con una lunga neotenia e dotazioni specie specifiche tutto sommato non eccezionali, riconoscere la dipendenza come valore indispensabile alla propria sopravvivenza, sia particolarmente difficile. E comporti l’elaborazione di una ferita narcisistica di particolare impegno e complessità. Eppure, la dipendenza è forse la principale realtà da apprendere, per noi. Da questa apparente contraddizione tra autonomia e dipendenza, dalla sua buona elaborazione, può dipendere il nostro stesso futuro. Autonomia e dipendenza sono parte dello stesso fenomeno: la nostra vita e la nostra individuazione. Sono due condizioni costitutive che allo stesso tempo sono una. Designano una caratteristica distintiva della vita: l’ambiguità [ambi in latino indica: due, di due]. Quella caratteristica per cui non si può pensare di essere autonomi senza dipendere da chi è fondamentale per la nostra individuazione e affermazione. Non dipendiamo solo dall’altro che ci fa nascere, ma da tutti gli altri che ci consentono di continuare a nascere ogni giorno, aiutandoci o ostacolandoci nel divenire noi stessi. Tutti insieme dipendiamo dal sistema vivente di cui siamo parte, in quanto terrestri, cioè esseri viventi del tutto interconnessi sul pianeta Terra. Le ragioni della difficile affermazione evolutiva della specie sono un retaggio atavico che, insieme ai successi evolutivi, ci ha portato alla rimozione della dipendenza, fino a considerarla del tutto negativa. Il narcisismo e l’individualismo contemporanei ne sono una evidente conseguenza. Così come una conseguenza è la presunzione umana di essere sopra le parti nel sistema vivente. È solo dal riconoscimento della dipendenza e dall’apprendimento del suo valore e della sua funzione che possiamo giungere a renderci conto del limite come condizione di ogni possibilità. Del resto, è dall’elaborazione del conflitto estetico, quel conflitto originario che viviamo alla nascita tra l’essere divenuti nascendo un essere autonomo, e l’essere dipendenti dalla madre e da chi ci alleva per crescere, che si diparte la nostra essenza. Una via per apprendere il valore della dipendenza e metterlo in pratica è la cura del puer interno a ognuno di noi, di quella parte originaria che ci costituisce e che in ogni età della vita è in noi: possiamo negarla in nome di una presunzione narcisistica o ascoltarla grazie a una buona educazione sentimentale.