“IO e TE – in un buio pieno di luce”. Consegnarsi gli uni agli altri

Autore

Rosario Iaccarino
Rosario Iaccarino, nato a Napoli nel 1960, dal 1982 al 1987 ha lavorato come operaio presso la SIRAM, assumendo l’incarico di delegato sindacale della Fim Cisl; nel 1987 è entrato a far parte dello staff della Fim Cisl nazionale, prima come Responsabile dell’Ufficio Stampa e dal 2003 come Responsabile della Formazione sindacale. Cura i rapporti con le Università e con l’Associazionismo culturale e sociale con i quali la Fim Cisl è partner nei diversi progetti. Giornalista pubblicista dal 1990. È direttore responsabile della rivista Appunti di cultura e politica. E’ componente del Comitato Direttivo e del Comitato Scientifico dell’Associazione NExT (Nuova Economia per Tutti).

L’emozione ha fatto il suo mestiere, fino in fondo. L’intensità e il calore dell’applauso finale, interminabile, che il pubblico ha voluto tributare alla rappresentazione di “IO e TE – in un buio pieno di luce”, la pièce teatrale scritta e diretta da Thomas Otto Zinzi, andata in scena sabato 18 febbraio al Mulino di Amleto Teatro di Rimini, vale infatti più di ogni entusiastica recensione. La forza narrativa di “IO e TE” eccede costantemente la parola, grazie alle magistrali interpretazioni di un istrionico Thomas Otto Zinzi, nei panni di IO, e della bravissima Laura Frascarelli in quelli di TE.

Se c’è un tratto caratteristico della drammaturgia di Zinzi, questo è il suo canovaccio di fondo, non scritto ma rigorosamente rispettato, che si nutre della vita quotidiana, e perciò delle contraddizioni, spesso dolorose, e dell’infinito mutare, non sempre virtuoso, delle donne e degli uomini. L’esistenza è un navigare, spesso un naufragare nell’incertezza, dentro rotte inconosciute, tutte, rischiosamente, da esplorare. Un esercizio di responsabilità al quale preferiamo un goffo, spasmodico, affannoso, quanto vano tentativo di contenere la vita in schemi rigidi, accomodanti, per tenerci al sicuro dai venti contrari, cioè al riparo dal dolore. Soprattutto dal dolore degli altri, che, spesso senza preavviso, irrompe nella nostra esistenza e ci espone alla domanda se accoglierlo o rifiutarlo. Oppure se rimanerne cinicamente indifferenti. Ma il destino non esiste; e anche la tragedia, a volerli vedere, contiene risvolti di liberazione e di salvezza, spesso da sé stessi, e perfino frammenti di ironia e comicità. Ed è proprio sull’asse dell’ambiguità umana, della tensione tra il buio e la luce, che la produzione drammaturgica di Thomas Otto Zinzi ruota efficacemente, rivelandosi, la pièce teatrale “IO e TE”, uno tra i suoi momenti più alti. E pur essendo stato scritto e rappresentato a inizio anni duemila – insignito peraltro nel 2004 del prestigioso Premio Vallecorsi – il testo mostra di reggere solidamente nel tempo. Anzi, grazie a una regia raffinata e coraggiosa e a un’interpretazione dinamica, creativa, benchè rigorosa, dei due personaggi chiave – IO (Iovino) e TE (Teresa) – è come se ad ogni rappresentazione si aggiungesse qualcosa alla scrittura dell’opera, connessa agli eventi e agli stati d’animo che viviamo in questo tempo. D’altra parte, “IO e TE” è uno specchio che rifrange biografie comuni, nelle quali ciascuno di noi può trovare parti di sé, riconoscendosi dietro alle maschere che indossiamo per (cercare di) ingannare la vita, per non mostrarci quali siamo e per defilarci quando l’incontro con l’altro si fa impegnativo, oneroso, non eludibile. L’altro tuttavia è la materia prima della nostra esistenza; è ciò che ci costituisce e insieme ci destabilizza, con la sua originalità e differenza, “costringendoci” ad un continuo fuggire e ritornare, perché dell’altro non possiamo farne a meno. In questa dinamica esistenziale che diventa linguaggio drammaturgico, lo spazio scenico di “IO e TE” si fa totalmente circolare: un tutt’uno tra attori e spettatori che raggiunge quell’identificazione con i personaggi e perciò l’immedesimazione in essi. E’ il mistero stesso del teatro, della finzione scenica, che ad ogni rappresentazione si auto-svela, esaltando grazie all’arte dell’attore – come direbbe il grande drammaturgo Jerzy Grotowsky – l’integrazione con il pubblico e la totalità di reazioni fisiche e mentali.

“IO e TE – in un buio pieno di luce” è un testo teatrale poeticamente senza misura, che al passare del tempo non mostra rughe, e che, grazie ai sapienti ritocchi ogni volta apportati a sceneggiatura, regia e interpretazione, in osmosi con la contemporaneità, dopo vent’anni esprime ancora di più, e tutto, il suo potenziale drammaturgico. E’ un’opera di sorprendente attualità, che si snoda attorno a quelle relazioni sempre più diffuse in un paese che invecchia come il nostro, e nel quale la crescente non autosufficienza necessita della presenza di quelle persone preziose dedite alla cura degli altri. Soprattutto migranti. In scena vanno IO, un uomo qualunque, mal ridotto soprattutto moralmente, e TE una “badante” rumena, alla ricerca, tra mille acrobazie, di un’altra vita. Tutto filerebbe secondo un canone consueto, stereotipato, già visto: l’uomo, comodamente servito e la donna, generosamente al suo servizio. La sorte invece porta in dote a entrambi la malattia improvvisa e grave di Teresa, sconvolgendo i piani esistenziali dei due e i ruoli socialmente fissati. IO, da “badato” di TE, finisce per diventare il suo “badante”. Il capovolgimento delle parti nella commedia della vita – geniale intuizione drammaturgica di Zinzi sulla quale poggia l’intero spettacolo – si rivela improbo, faticoso, per le resistenze interiori di entrambi: di TE, schiva e incapace, curante per vocazione e necessità, di immaginarsi e accettare di essere oggetto di cura; di IO, a causa della desuetudine mentale e fisica, con la percezione falsa di essere la vittima sacrificale della cattiveria del mondo, a pensarsi altro dall’essere destinatario della cura, anche per il diritto sancito dal contratto di lavoro. Ma il gioco dei dinieghi reciproci, investito dagli eventi, ad un certo punto finisce. La fragilità di TE, nella sofferenza crescente, apre la strada alla sua resa, mettendo in questo modo IO nell’angolo dell’esistenza, fino a denudarlo emotivamente e a disabilitare i suoi schemi mentali piccolo borghesi che intrappolano l’anima e muovono meccanicamente i gesti. Il dramma assume una forma poetica vertiginosa nell’intenso e stringente scambio dialettico tra TE e IO, ad un ritmo sempre più incalzante: un dialogo a volte tragico, spesso ironico, infine sentimentale. TE scala con coraggio ed affanno l’altissima montagna affettiva e sociale che ha davanti, fino a ritrovarsi consegnata nelle mani di IO. TE è riuscita, anche con gesti di tenerezza, ai quali IO è ormai disabituato, a perforare il suo mondo interiore, colonizzato dal conformismo, fino a trapassare gli strati più resistenti dell’indifferenza, del cinismo, del narcisismo, dell’autosufficienza, per poter liberare in lui quell’amore dormiente, anestetizzato dalla paura di vivere, depositato sul fondo dell’anima e da cui origina la possibilità della relazione con l’altro. Da “badante”, da donna di servizio, TE rinasce come persona nel momento in cui IO cambia lo sguardo su di lei.

Nella partitura teatrale di “IO e TE”, alla fine comanda l’amore.

La potenza della “poiesis” del teatro di Zinzi, ossia il far accadere l’inatteso riaprendo varchi all’interiorità di un’umanità disorientata e derelitta, lascia irrompere – come amava dire il grande drammaturgo Antonin Artaud – “quella morte che conferisce alla vita il suo centro di gravità, nei due significati possibili del termine”. 

“IO e TE”, oltre alle brillanti interpretazioni di Zinzi e Frascarelli, si avvale di un prologo al testo, recitato in apertura con maestria da Guglielmo Frabetti, dell’interpretazione della “coscienza di IO” di un ispirato Marco Ubaldini, e della delicata presenza in scena, breve ma intensa, in uno dei momenti poeticamente più alti della rappresentazione, di Erika Conti, Sara Valenti, Maica Lospinuso, Sara Neri, Angelica Olmeda, Mara Raspanti. Senza dimenticare Camilla Fabbrizioli, già attrice di Obbedienza – opera dello stesso Zinzi – nel ruolo di aiuto regista, lo studio sapiente delle luci di Davide Giovannini, nonchè l’apporto della musica originale scritta e interpretata da Roberto Valle, che eleva al massimo, in un finale difficile da dimenticare, il volume di quel pathos che attraversa l’intera rappresentazione di “IO e TE”.

1 commento

  1. Commento acuto reale profondo che condivido completamente e che esprime benissimo l alto spessore di Zinzi sia come scrittore sia come regista sia come attore

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