Gilbert Simondon, Immaginazione e invenzione (1965-1966), Mimesis, Milano 2024

Autore

Ugo Morelli
Ugo Morelli, psicologo, studioso di scienze cognitive e scrittore, oggi insegna Scienze Cognitive applicate al paesaggio e alla vivibilità al DIARC, Dipartimento di Architettura dell’Università Federico II di Napoli; è Direttore Scientifico del Corso Executive di alta formazione, Modelli di Business per la Sostenibilità Ambientale, presso CUOA Business School, Altavilla Vicentina. Già professore presso le Università degli Studi di Venezia e di Bergamo, è autore di un ampio numero di pubblicazioni, tra le quali: Mente e Bellezza. Arte, creatività e innovazione, Allemandi & C, Torino 2010; Mente e paesaggio. Una teoria della vivibilità, Bollati Boringhieri, Torino 2011; Il conflitto generativo, Città Nuova, Roma 2013; Paesaggio lingua madre, Erickson, Trento 2014; Noi, infanti planetari, Meltemi, Milano 2017; Eppur si crea. Creatività, bellezza, vivibilità, Città Nuova, Roma 2018; Noi siamo un dialogo, Città Nuova Editrice, Roma 2020; I paesaggi della nostra vita, Silvana Editoriale, Milano 2020. Collabora stabilmente con Animazione Sociale, Persone & Conoscenza, Sviluppo & Organizzazione, doppiozero, i dorsi del Corriere della Sera del Trentino, dell’Alto Adige, del Veneto e di Bologna, e con Il Mattino di Napoli.


Dialogo immaginario tra Gilbert Simondon e Ugo Morelli

Ugo Morelli: Accanto a L’individuazione psichica e collettiva, Derive e approdi, Roma 2001, il libro con cui l’abbiamo conosciuta in Italia, grazie alla cura di Paolo Virno, scopriamo progressivamente la profondità e il valore del suo contributo di pensiero, con un approccio del tutto originale, che scavalca le cosiddette due culture e cerca di combinare le scienze della vita con le scienze della cultura per comprendere qualcosa di più di noi esseri umani e della nostra socialità. Siamo adesso di fronte a questo libro che esplora il rapporto fra immaginazione e invenzione. Qual è l’ipotesi di fondo di questo suo libro apparso ora in italiano, che muove dai suoi corsi universitari?

Gilbert Simondon: Il filo conduttore del mio pensiero lega senz’altro i miei studi e le mie esplorazioni sulle immaginazioni e l’invenzione con gli studi che portarono nel 1989 alla pubblicazione del libro sull’individuazione psichica e collettiva. Anche a proposito di questa peculiare distinzione di noi umani che sta nel rapporto tra immaginare e inventare, mi chiedo che cos’è un individuo, che cosa lo rende unico e irripetibile, in che senso ci distinguiamo dagli altri esseri viventi. Si tratta di domande essenziali che cercano di andare oltre l’ovvio, oltre quello che viene ritenuto un dato di fatto pacifico e indiscutibile. Si tratta anche di uno sforzo per cercare di andare oltre l’individualismo, questo ennesimo feticcio a cui tutti sembrano inchinarsi con cieca devozione. Secondo il mio punto di vista la singolarità non è un punto di partenza ma è il risultato di un processo complicato, scandito in più fasi e non privo di crisi. Ritengo che più che di individuo dovremmo parlare di una progressiva individuazione e dovremmo prestare particolare attenzione al preindividuale, a ciò che ci precede, alle condizioni evolutive naturali di cui siamo parte e all’intersoggettività e alla collettività in cui nasciamo e ci generiamo, individuandoci.

UM: Esiste quindi un rapporto stretto fra relazione, azione e individuazione. Potremmo dire che le domande direttrici per uno studio dell’individuazione non sono del genere: “che cosa definisce l’uomo?”, ma piuttosto del genere: “che cosa accade?”

GS: Se consideriamo il divenire del soggetto non possiamo che riconoscerne la sua transitorietà. L’antecedente all’interno del quale si costruisce sia la soggettività che la collettività ha che fare con una dinamica sistematica e circolare tra soggettivazione e assoggettamento. Ciò che indica l’affettività nella problematica psichica, è precisamente questa relazione tra l’individuo e il preindividuale, che non può esaurire integrandolo al suo processo di individualizzazione. L’azione può risolvere i problemi della percezione e l’emozione quelli dell’affettività, soltanto se azione ed emozione sono complementari, capaci di simboleggiarsi a vicenda nell’unità del collettivo. Affinché vi sia risonanza tra azione ed emozione é necessaria una individuazione superiore che inglobi l’individuazione del collettivo, il livello transindividuale.

UM: Uno degli aspetti originali del suo lavoro sul rapporto fra immaginazione e invenzione è la tensione che lei crea tra la nostra esperienza biologica evolutiva e il processo di invenzione delle nostre forme di vita sociale…

GS: L’immagine mentale è come un sottoinsieme relativamente indipendente all’interno dell’essere vivente soggetto; alla sua nascita l’immagine è un fascio di tendenze motorie, anticipazione a lungo termine dell’esperienza dell’oggetto; nel corso dell’interazione tra l’organismo e l’ambiente, essa diviene sistema di ricezione dei segnali incidenti e permette all’attività sensomotoria di esercitarsi in modo progressivo. Successivamente, quando il soggetto è nuovamente separato dall’oggetto, l’immagine, arricchita di apporti cognitivi e integrando la risonanza affettivo emotiva dell’esperienza, diviene simbolo. Dall’universo dei simboli interiormente organizzato, tendente alla saturazione, può emergere l’invenzione che mette in gioco un sistema dimensionale più potente, capace di integrare più immagini complete secondo il modo della compatibilità sinergica. Dopo l’invenzione, quarta fase del divenire delle immagini, il ciclo ricomincia, con una nuova anticipazione dell’incontro dell’oggetto, che può essere la sua produzione.

UM: Siamo di fronte a qualcosa di più di un’analogia tra la genesi e l’evoluzione del mondo vivente e il rapporto esistente tra immaginazione e invenzione…
GS: Secondo questa teoria del ciclo dell’immagine, immaginazione e invenzione non sono realtà separate né termini opposti, ma fasi successive di un unico processo di genesi, nel suo svolgimento comparabile gli altri processi di genesi che il mondo vivente ci presenta, come la filogenesi e l’ontogenesi. Siamo oltre, quindi, la sola analogia, all’interno di un processo che supera la distinzione tra materiale e immateriale verso una sintesi originale dell’interpretazione del vivente che riconosca finalmente che siamo esseri naturalculturali.

Articolo precedenteLe maschere del marketing
Articolo successivoLa scenetta quotidiana

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Ultimi articoli

Fare un salto non è avanzare… ovvero il neoliberista saltatore

...e se tra l'altro fosse meglio arretrare? Si tratterebbe di fare un salto all'indietro. Per quanto difficile quest'ultima soluzione porterebbe in nessun...

F. Basaglia, F. Ongaro Basaglia, La maggioranza deviante. L’ideologia del controllo sociale totale.

UM: Non siete stupiti della ripubblicazione del vostro libro a cento anni dalla nascita di uno di voi e in un'epoca che...

Il salto di Fosbury e la scelta di essere liberi

UNA RIFLESSIONE FILOSOFICA A PARTIRE DALL’IMPRESA DI CITTÀ DEL MESSICO 1968 Le seguenti considerazioni prendono corpo ad un anno...

Ripetizione, salto, crisi. Sulla nascita.

Ripetizione e ricordo sono lo stesso movimento, tranne che in senso opposto: l’oggetto del ricordo infatti è stato, viene ripetuto all’indietro, laddove...

A che basta un salto

«Chi non salta un francese è! È! Chi non salta…». Un coretto scandito e ripetuto più volte da un miscuglio di voci...