Come sempre più spesso accade, quando ci riuniamo discorriamo su quale potrà essere il tema del successivo numero della rivista.
Come sempre più spesso accade, passiamo ricchi e interminabili minuti a scambiarci pensieri su ciò che accade in questi tempi.
Pensiamo a chi possiamo coinvolgere per aiutarci a comprendere meglio e da punti di vista differenti il tema scelto.
E’ accaduto anche questa volta, con la conferma che, leggendo gli scritti che vengono spediti prima di pubblicarli, riusciamo a dare un valore nuovo, diverso, complesso all’argomento che in questo numero parla dell’umiliazione.
Se l’umiliazione possa tradursi, oltre che in mortificazione di sé, in un’occasione o opportunità per sentirsi umili e scoprire il valore dei propri limiti e dell’umiltà, è una domanda che può portare a non poche scoperte di sé stessi e del modo di stare al mondo.
Certamente tutto dipende da quanto e come il sentimento di umiliazione incide nella personalità e nell’esperienza e dalla relazione nella quale l’atto di umiliazione si verifica. Può accadere proprio per questo che una sofferenza emergente dal sentirsi offesi e umiliati conduca ad accorgersi dell’opportunità di mettere mano in modo diverso a sé stessi.
Pensiamo ad esempio alle dipendenze, di vario tipo e non solo quelle più gravi. Il confronto sociale e familiare porta spesso a situazioni di vera e propria umiliazione intesa in senso di esclusione e di offesa, di dolore e di perdita. L’umiliazione può essere intesa come limite o come possibilità, è una questione di quale valore diamo alla relazione che si instaura con l’altro.
Potremmo dire, quindi, che è una questione di soglia: come ogni emozione connessa al sentimento che ne deriva, si tratta di considerarne gli aspetti molteplici e di riconoscerne gli effetti plurali sui vissuti e sull’esperienza.
Proprio quello che abbiamo cercato di fare in questo numero di inizio anno di Passion&Linguaggi.
Sollecitati da un’inopportuna considerazione di chi governa in questo momento l’educazione in Italia, abbiamo ritenuto di sottoporre a critica un utilizzo mortificante e escludente dell’umiliazione: il contrario della funzione emancipante dell’educazione, anche in base al dettato costituzionale.
Le molteplici sfumature del rapporto complesso tra umiltà e umiliazione, all’insegna della domanda se si possa riconoscere il valore della prima senza passare per la mortificazione della seconda, trovano, nei contributi letterari, esperienziali e filosofici, di Piersanti e di Alessandro e Generoso Picone, ma anche nel taglio politico dei lavori di Iacono e Carbonetto, un’opportunità di approfondimento che consente di comprendere alcune delle molteplici declinazioni di un tema così rilevante per la vita individuale e sociale.
Invito tutti a riflettere quale significato diamo a questa parola e alle azioni e reazioni che può avere nei contesti politici, sociali e familiari.