Gioco, arte e educazione

Autore

Maria Pia Morelli
Si laurea in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Salerno con una tesi in Procedura Penale. Si è successivamente specializzata all’insegnamento di Diritto ed Economia Politica nella scuola secondaria. Recentemente ha conseguito la specializzazione per le attività di sostegno agli alunni con disabilità nella scuola secondaria presso l’Università di Foggia con una tesi su Estetica, Educazione e Inclusione. Si divide tra Avellino e Palermo dove insegna Diritto, Pari Opportunità e Contrasto alla Discriminazione presso un ente di formazione. Appassionata di arte, pittrice realista figurativa. Ha seguito un workshop di disegno iperrealistico a Napoli e un workshop sulla tecnica della pittura a olio a Bari. Illustratrice digitale e grafica ha all’attivo numerose collaborazioni su tutto il territorio nazionale.

Nell’uomo autentico si nasconde un bambino che vuole giocare (F.Nietzsche)

Se dovessimo dare la definizione di gioco tutti noi ci limiteremmo a dire che si tratta di un’attività volontaria e motivante, svolta a scopo ricreativo e che, se svolto in gruppo, rappresenta un momento di incontro, socializzazione e libertà espressiva. Una definizione corretta, tuttavia limitante. Il gioco rappresenta un vero e proprio laboratorio di pensiero per conoscere e padroneggiare il mondo interiore e l’ambiente circostante, che dà spazio all’inventiva e alla fantasia coinvolgendo in maniera olistica il soggetto che lo pratica. 

In tutte le epoche la società ha riconosciuto la profonda valenza del gioco come preludio alle predisposizioni dell’uomo futuro ma è con l’avvento dell’attivismo pedagogico che il gioco si è evoluto in mezzo di apprendimento. Psicologi, neuropsichiatri, pedagogisti oggi concordano nell’attribuire al gioco un enorme rilievo come strumento di apprendimento, emotivo, affettivo e sociale. 

Il gioco rappresenta un’esperienza totalizzante nonostante si tratti di un momento di finzione limitato nel tempo e nello spazio. Chi gioca è consapevole del suo “fare finta”, tuttavia questa consapevolezza non sminuisce il coinvolgimento del giocatore, che procede con la più completa serietà e con una devozione che rende il tutto paragonabile al Flow teorizzato da Csíkszentmihályi. 

Nel gioco la fantasia opera secondo regole che essa stessa ha dettato, il giocatore si lascia trasportare in una realtà fittizia, perfetta e limitata che richiede un ordine assoluto. La minima deviazione da questo ordine depriverebbe, infatti, il gioco del suo carattere rendendolo vano. Il bambino che attraverso il gioco, “dà un nuovo assetto alle cose del suo mondo”, prendendo questa attività sul serio e distinguendola perfettamente dalla realtà, è accomunabile all’artista, il quale nel medesimo modo crea un mondo di fantasia che gli consente di godere di cose che nella realtà non potrebbero procurargli lo stesso piacere. L’arte e il gioco sono accomunati, quindi, dall’idea della simulazione, si simula il mondo in una scala ridotta ed in entrambe la creatività rappresenta il cardine centrale, la base di tutte le trasformazioni operate da chi li pratica. Attraverso la fantasia, ma seguendo regole più o meno codificate, il gioco e l’arte consentono di giungere a risultati sempre diversi, nessuna partita sarà mai uguale, come nessuna pennellata sarà mai identica alla precedente.

Risulta innegabile che il gioco sia un atto che appartiene al regno dell’estetica e come ogni esperienza estetica, nel momento in cui vi si accede, permette il superamento di una soglia. Ove l’immaginazione rappresenta la frontiera tra i limiti della mente e le possibilità a cui essa si apre. 

Il gioco come l’arte sono modalità rappresentative che consentono di comprendere ed accettare la realtà come qualcosa in continuo divenire, sottoposta ad un persistente cambiamento e ad una molteplicità di senso. La creatività “messa in gioco” durante queste esperienze induce alla capacità di costruire nuove risposte, più adeguate ad affrontare la realtà sempre nuova. Capacità connotata di una certa valenza nell’attuale società, atta con i suoi continui cambiamenti a perturbare l’equilibrio di chi continua a rispondere agli eventi con schemi noti, divenuti inattuali. L’atrofizzarsi della fantasia e la mancata produzione di risposte creative alla quotidianità comporta, infatti, l’allontanamento dal presente con conseguente decremento della qualità della vita. 

In ambito educativo esperienze come il gioco e l’arte consentono di muoversi in spazi di sperimentazione più liberi e sicuri, ponendo chi le pratica nella condizione di ricercare continuamente soluzioni alternative e, di conseguenza, di progredire verso nuove forme di movimento e di comportamento. In quest’ottica gioco e arte rappresentano efficaci strumenti per aiutare la persona a scoprire nuove modalità di affrontare i problemi e relazionarsi con gli altri. Lo sviluppo della creatività assume, quindi, un ruolo centrale a livello educativo perché educare alla creatività significa educare la persona nella sua interezza, sviluppare tutte le sue potenzialità, e prepararla a costruire il proprio futuro in maniera significativa. 

Il gioco come l’arte sono un fare strumentale che svincolano l’uomo dalla realtà tangibile, un evento liberatorio e catartico, connotato dalla leggerezza, dalla gioia, dalla spensieratezza e dall’assoluta libertà della creazione. Rappresentano lo spazio in cui il soggetto «riacquista la sua potenza metamorfica» (Nietzsche) azzerando la paura di giudizi e ridicolizzazioni, situazione che apre la strada al piacere e alla conoscenza di sé attraverso canali sensoriali più primitivi. Durante queste esperienze l’individuo impara a esprimere le proprie emozioni riappropriandosi del suo valore. Emozioni, sentimenti, desideri emergono con naturalezza durante il gioco, come durante l’atto di creazione artistica, accompagnati dalle sensazioni di piacere e divertimento. Le esperienze di gioco al pari di quelle artistiche diventano così modello di funzionamento dell’Io: una zona di confine in cui è possibile ritrovare vitalità, entusiasmo, e dare una qualità diversa al personale modo di essere nel mondo. Esperienze che permangono come consapevolezza di poter lasciare fluttuare la mente e le proprie idee, e perdurano come spazio potenziale della fantasia, della creatività, del religioso sentimento del sognare. 

Appare innegabile che gioco e arte siano un importante strumento educativo e che non possono essere confinati al mero divertimento del bambino, o limitati all’infanzia. Essi sono protesi alla più complessiva e integrale formazione dell’uomo perché strettamente connessi con l’interiorità della persona stessa. Si tratta di dispositivi di apprendimento ed educazione permanente, ed è per questo che la ricerca educativa oggi è impegnata per offrire, anche all’adulto, situazioni di crescita più stimolanti e attive rispetto a quelle tradizionali. Gli esempi più calzanti sono quelli offerti dalle tecniche di simulazione o da metodologie come la Gamification.

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